Dopo la celebre sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (meglio nota come sentenza Rordorf – sentenza n.24418/2010) si è affermato il principio, oramai consolidato in giurisprudenza, secondo cui la prescrizione decennale per la ripetizione degli interessi anatocistici decorre, qualora i versamenti del correntista abbiano avuto solo funzione “ripristinatoria” della provvista, dalla data di estinzione del saldo di chiusura conto; viceversa, quando detti versamenti abbiano avuto natura “solutoria”, cioè siano stati destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento, detta prescrizione decorrerà dal momento in cui è stato effettuato il singolo versamento avente natura solutoria. Da tanto ne deriva che, se la banca in corso di causa eccepisca la prescrizione e non alleghi né prova il fatto costitutivo dell’eccezione di prescrizione (ossia l’esistenza di un’apertura di credito o di un fido nelle diverse forme tecniche, né indichi in maniera specifica e puntuale le singole rimesse solutorie), la relativa eccezione di prescrizione andrà rigettata per difetto di prova.
Sul punto la giurisprudenza di merito (Tribunale di Campobasso 22/04/2011 n. 759; Tribunale di Taranto 28/06/2012; Tribunale di Novara 01/10/2012; Tribunale di Campobasso 22/04/2012; Tribunale di Pescara 24/06/2013) ha affermato che l’istituto bancario, al fine di eccepire l’intervenuta prescrizione dell’azione di indebito, ha l’onere di fornire tutti gli elementi probatori diretti a dimostrare che i relativi versamenti siano da considerare solutori.
I suesposti principi trovano fondamento in tutta quella giurisprudenza di legittimità secondo la quale è il debitore che, ove eccepisca la prescrizione del credito, ha l’onere (trattandosi di eccezione in senso stretto) di allegare e di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso conosciuto attraverso un documento prodotto ad altri fini da diversa parte in causa (in termini Cass. civ. sent. n. 16326/2009; Cass. civ. sent. n. 3578/2004; Cass. civ. sent. n. 4468/2004).
avv. Edgardo Riccardi