Questo mese viene posto all’attenzione dei lettori la recente sentenza, a Sezioni Unite, della Suprema Corte di Cassazione che con decisione n. 6071 del 12/03/2013 è ritornata ad occuparsi di quelli che sono gli effetti sulle società commerciali della cancellazione dal registro delle imprese. In sintesi la corte prende posizione su un nodo tematico – gli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese, dopo la riforma organica del diritto societario attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003 – in parte già esaminato da alcune sentenze delle sezioni unite nel corso dell’anno 2010. La sentenza in questione non rimette in discussione i principi affermati in quelle sentenze, dai quali, invece, parte, per cercare di far chiarezza su una serie di ulteriori ricadute derivanti dalla suaccennata riforma del diritto societario. A tal proposito si rammenta che con le sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010 le sezioni unite hanno ravvisato nelle modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art. 2495 c.c. (rispetto alla formulazione del precedente art. 2456 c.c., che disciplinava la medesima materia) una valenza innovativa. Pertanto, la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese, che nel precedente regime normativo si riteneva non valesse a provocare l’estinzione dell’ente, qualora non tutti i rapporti giuridici ad esso facenti capo fossero stati definiti, è ora invece da considerarsi senz’altro produttiva di quell’effetto estintivo: effetto destinato ad operare in coincidenza con la cancellazione, se questa abbia avuto luogo in epoca successiva al 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore della citata riforma, o a partire da quella data se si tratti di cancellazione intervenuta in un momento precedente.
Vediamo in estrema sintesi quali sono le conclusioni cui è pervenuta la Suprema Corte:
- La cancellazione della società dal registro delle imprese comporta la estinzione dell’ente, fenomeno questo del tutto assimilabile alla morte della persona fisica;
- “qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, nè i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato”;
- “la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dall’art. 299 c.p.c. e segg., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta”;
Unica eccezione ai suesposti principi viene fissata in materia fallimentare ove si ritiene che legittimato ad essere convenuto, e a stare in giudizio nell’istruttoria prefallimentare, sarebbe la società estinta in persona del suo liquidatore ad “onta”, affermano i supremi giudici, della sua cancellazione dal registro delle imprese. Questa affermazione, distonica rispetto alla coerenza ed alla forza persuasiva dei principi generali in precedenza affermati, troverebbe giustificazione, secondo la Suprema Corte, perché la posizione processuale del fallito deve sempre essere rappresentata dalla società e da chi legalmente la rappresentava, in quanto è la società che viene dichiarata fallita (sul punto vedasi anche Cass. civ. sent. n. 13659/2013).
avv. Carolina Boccia