Il Tribunale di Mantova, con la sentenza n. 291/13 del 19 aprile del 2013, si è occupato di un caso in cui, dopo la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria, è sopraggiunta la dichiarazione di fallimento del debitore ribadendo come la legittimazione alla proposizione o alla prosecuzione dell’azione spetta in via esclusiva al curatore fallimentare il quale subentra, quale sostituto processuale, alla massa dei creditori concorsuali che risultano, quindi, privati della legittimazione ad iniziare o proseguire l’azione per tutta la durata della procedura fallimentare.
“In proposito va rilevato che è pacifico in giurisprudenza (cfr. Cass. 28.05.2009 n. 12513; Cass. 19.05.2006 n.11763; Cass. 8.09.2005 n. 17943; Cass. 19.07.2002 n. 10547) il principio secondo cui qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria, sopraggiunga la dichiarazione di fallimento del debitore, la legittimazione alla prosecuzione dell’azione medesima compete in via esclusiva al curatore fallimentare, il quale agisce come sostituto processuale della massa dei creditori concorsuali, ormai privi della legittimazione ad iniziare o proseguire l’azione […]”.
L’azione revocatoria ex art. 66 L.F. è, quindi, uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione di tutti i suoi creditori
Il Tribunale di Mantova precisa che il subentro del curatore fallimentare nella legittimazione processuale della massa dei creditori ha la particolarità di comportare “una modifica oggettiva dei termini della causa, in quanto la domanda d’inopponibilità dell’atto di disposizione compiuto dal debitore, inizialmente proposta a vantaggio del singolo creditore che ha proposto l’azione, viene ad essere estesa a beneficio della più vasta platea costituita dalla massa di tutti i creditori concorrenti (v. Cass. S.U. 17.12.2008 n. 29420) […]”.
Ne consegue che l’azione revocatoria proposta dal creditore procedente dopo la dichiarazione di fallimento del debitore risulta, quindi, improcedibile e lo stesso non può rimanere nel processo né come parte né come interventore adesivo in quanto, la decisione non potrà che produrre effetti riflessi di mero fatto nei suoi confronti.
avv. Alfredo Riccardi