ApprofondimentiDiritto BancarioLa Corte costituzionale si pronuncia sulla modifica dei tassi di interesse dei buoni postali

25 Febbraio 20200

Anche la Consulta dichiara valida la norma che ha disposto la riduzione peggiorativa dei tassi di interesse riportati sul retro dei buoni fruttiferi postali

A breve distanza dalla pronuncia della Sentenza n. 3963/2019 della Corte di cassazione a sezioni unite civili, anche la Corte costituzionale, con la Sentenza n. 26/2020, conferma la legittimità della norma che dispone la modifica peggiorativa dei tassi di interesse riportati sul retro dei buoni postali già emessi e collocati sul mercato.

La questione controversa

La questione è ampiamente nota perché assurta di recente agli onori della cronaca. L’art. 173 del D.P.R. n. 156/1973 (Testo unico in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) prevedeva la possibilità di modificare in peius i tassi di interesse riportati sul retro dei buoni fruttiferi postali già emessi e collocati sul mercato. La circostanza ha riguardato, in particolare, un’ampia parte dei buoni fruttiferi della serie Q, rispetto ai quali i titolari, al momento del rimborso, hanno visto riconoscersi tassi di interesse anche significativamente inferiori a quelli stampigliati a tergo del buono medesimo.

La pronuncia a sezioni unite della Corte di cassazione

L’ampia diffusione dei buoni fruttiferi postali tra i consumatori ha dato origine, negli ultimi anni, ad un contenzioso imponente a fronte del quale, dopo numerose pronunce del più disparato tenore, è infine intervenuta la Corte di cassazione a sezioni unite con la Sentenza n. 3963/2019. Gli ermellini hanno stabilito quanto segue: “La configurazione delle Poste sino alla fine degli anni 90 come Azienda autonoma dello Stato (sino al 1994) e poi come Ente pubblico economico (sino al 1999) comportava una effettiva eterogeneità della natura degli strumenti finanziari offerti dal sistema bancario rispetto ai titoli negoziati dalle Poste Italiane. È costante nella giurisprudenza di legittimità la qualificazione dei buoni fruttiferi postali come titoli di legittimazione […]. In ogni caso deciso da questa Corte, tale qualificazione ha giustificato la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali, volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto, e ha portato a ritenere che la modificazione trovasse ingresso all’interno del contratto mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c.

La Sentenza della Corte costituzionale

A pochi mesi dalla pronuncia a sezioni unite della Cassazione civile, la Corte costituzionale è stata chiamata, dal Tribunale di Rossano, a pronunciarsi sulla legittimità del citato art. 173 del D.P.R. n. 156/1973 per violazione degli articolo 3, 43, 47 e 97 della Costituzione. La Sentenza n. 26/2020 della Consulta rigetta la questione di legittimità costituzionale sollevata facendo proprie le argomentazioni della Cassazione: “Con riferimento al periodo di vigenza della norma in esame, la natura giuridica delle Poste come azienda autonoma dello Stato (sino al 1994) e poi come ente pubblico economico (fino al 1999) ha comportato, infatti, una innegabile eterogeneità dei buoni fruttiferi negoziati dalle Poste italiane rispetto agli strumenti finanziari offerti dal sistema bancario. La qualificazione – per costante giurisprudenza della Corte di legittimità – di detti buoni come «titoli di legittimazione» ha dato ragione della soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente stabilito. E ciò ha portato a ritenere che, in ragione appunto della «soggettività statuale del soggetto emittente e [delle] garanzie derivanti da tale profilo soggettivo», la modificazione – demandata dalla norma censurata al decreto ministeriale (accompagnata dalla prescrizione di messa a disposizione della nuova tabella ai titolari dei buoni presso gli uffici postali) – trovasse ingresso all’interno del contratto di sottoscrizione del buono, mediante una integrazione ab externo del suo contenuto, riconducibile alla previsione dell’art. 1339 del codice civile (Corte di cassazione, sentenza n. 3963 del 2019).

Conclusioni

L’intervento congiunto della Suprema Corte di cassazione a sezioni unite e della Corte costituzionale sulla legittimità dell’art. 173 del D.P.R. n. 156/1973 (Testo unico in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), che prevede la possibilità di modificare in peius i tassi di interesse riportati sul retro dei buoni fruttiferi già emessi e collocati sul mercato, ha posto fine definitivamente ad uno dei filoni di contenzioso giudiziale più fertili e convulsi degli ultimi anni.

avv. Edgardo Riccardi

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