Una recente sentenza del Tribunale di Roma (decisione del 13.11.2018 Est. Romano) ha escluso che l’amministratore di una S.p.A., revocato giudizialmente o con delibera assembleare, conservi i poteri gestori in regime di prorogatio, e ciò in quanto l’art. 2385 c.c. dispone che tale regime si applichi solo in caso di dimissioni o di scadenza della carica. Al contrario, nell’ipotesi di revoca giudiziale, deve trovare applicazione la disciplina di cui all’ultimo comma dell’art. 2386 c.c. secondo il quale, se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione. Ebbene, il Tribunale capitolino ritiene che la revoca dell’amministratore importi un’ipotesi di cessazione dell’organo gestorio. Conseguentemente il legislatore, al fine di evitare un vuoto nella gestione della società, ha previsto che il potere di amministrare – potere limitato alla sola ordinaria amministrazione – passi al collegio sindacale che dovrà, in primo luogo, provvedere alla convocazione dell’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori.