Con il presente articolo si richiama la pronuncia della Sez. 1, della Suprema Corte di cassazione, sent. n. 7471/2017, Falabella, ove la S.C. ha evidenziato che l’erogazione di somme, effettuate a vario titolo dai soci in favore delle società partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto al patrimonio sociale, dipendendo la qualificazione nell’uno o nell’altro senso dall’esame della volontà negoziale, con la precisazione che la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato in concreto attuato, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che risultano sottesi, dovendosi, inoltre, avere riguardo, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà, alla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio, da reputarsi determinante per stabilire se si tratti di finanziamento o di conferimento, in ragione del fatto che il bilancio è soggetto all’approvazione dei soci.
Nella stessa sentenza si è anche precisato che, in presenza di una delibera assembleare, che renda indisponibile il finanziamento erogato dal socio in favore della società sino ad una certa data, la prescrizione quinquennale del diritto al rimborso comincia a decorrere soltanto da tale data, a partire dalla quale la prestazione diviene legalmente esigibile, atteso che l’art. 2935 c.c. correla la decorrenza della prescrizione alla possibilità (giuridica e non di mero fatto) dell’esercizio del diritto, senza che assuma rilievo la circostanza che il titolare dello stesso abbia concorso al differimento dell’esecuzione della prestazione (partecipando alla deliberazione assembleare).