Crisi D'ImpresaLa miniriforma del diritto fallimentare attuata con il Decreto Legge n. 83/2015

15 Settembre 20150

Il D.L. 83/2015 “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” è ora legge, essendo stata approvata anche dal Senato, il 6 agosto 2015, la legge n.132 di conversione con modifiche.

La citata legge prevede importanti novità in materia di fallimento, concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti.

Molto rilevante è la previsione in base alla quale, nei concordati liquidatori (quindi non finalizzati alla continuazione dell’impresa), ai creditori chirografari non si possa offrire meno del 20% (soglia minima che invece non è prevista per i concordati di prosecuzione aziendale).

Importantissima novità è anche quella che prevede il cambiamento del meccanismo del voto: infatti il concordato preventivo deve essere sempre approvato dalla maggioranza dei creditori ma, mentre fino a ieri valeva la regola del “chi tace acconsente”, ora il silenzio equivale a dissenso (questa importante novità rischia seriamente di disincentivare il ricorso a questo valido strumento di risoluzione della crisi d’impresa).

Altra modifica è l’apertura a proposte concorrenti: il debitore che non proponga il pagamento del 40% in caso di concordato liquidatorio o del 30% in caso di concordato in continuità, può vedere il proprio piano messo in concorrenza con altri migliorativi o diversi provenienti dai creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti; sarà il voto della massa dei creditori a stabilire quale ipotesi verrà attuata.

Se poi il piano concordatario prevede la vendita dell’azienda o di beni aziendali, si potrà aprire un procedimento competitivo per cercare altri interessati all’acquisto (“offerte concorrenti”), allo scopo di ottenere un ricavo maggiore.

Sia le proposte che le offerte concorrenti devono considerarsi positivamente, perché l’imprenditore non sarà tentato di “giocare al ribasso” offrendo il meno possibile ai creditori; lo scopo della mini riforma è proprio quello di giungere ad ottenere la maggiore soddisfazione del ceto creditorio.

Interessante è anche la norma che favorisce i finanziamenti urgenti per le necessità aziendali in attesa dell’omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti o anche nel concordato “in bianco” (nel quale la presentazione del piano vero e proprio è posticipata): la riforma prevede che il tribunale decida in dieci giorni con un procedimento snello, che incentiva la banca a concedere il prestito in quanto “prededucibile” (ossia da soddisfarsi prima di tutti gli altri crediti).

Novità assoluta del D.L. n.83/15 è un particolare accordo di ristrutturazione dei debiti che riguarda solo le banche. Difatti, mentre in generale l’accordo di ristrutturazione (art. 182 bis LF) prevede un’approvazione di almeno il 60% dei creditori ed i creditori non aderenti devono essere pagati integralmente, con la riforma questa regola può essere in parte derogata nel caso in cui l’impresa abbia debiti verso intermediari finanziari pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo. In questo caso l’imprenditore può individuare per i creditori finanziari categorie omogenee, nelle quali l’approvazione dell’accordo da parte del 75% rende efficace e vincolante l’accordo stesso per tutti gli altri membri del gruppo, anche se questi non abbiano approvato l’accordo.

Infine, nell’ottica della celerità delle procedure concorsuali, è stato previsto un termine di due anni (dalla dichiarazione di fallimento) per la conclusione della liquidazione fallimentare; oltretutto le controversie in cui è coinvolto un fallimento o un concordato preventivo godono di una corsia preferenziale, dovendo essere trattate con priorità rispetto alle altre.

Altra importantissima novità è quella contenuta nell’art. 7 del D.L. n. 83/2015 il quale statuisce che la chiusura della procedura di fallimento per ripartizione dell’attivo (art. 118 n. 3 L.F.) non è impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore mantiene la legittimazione processuale ai sensi dell’art. 43 L.F., anche nei successivi stati e gradi del giudizio, con un’evidente deroga a quanto previsto dall’art. 120 L.F., che fa discendere dalla chiusura del fallimento l’improcedibilità delle azioni esperite dal curatore e che continuerebbe ad essere applicato a tutte le ipotesi di chiusura del fallimento diverse da quella di cui all’art. 118 n. 3) L.F..

Da ultimo va segnalato che in sede di conversione del D.L. n. 83/2015 è stata prevista (con l’evidente scopo di accelerare le attività di liquidazione e di evitare l’instaurazione di un’azione revocatoria) l’acquisizione automatica alla massa fallimentare mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento dei beni oggetto degli atti a titolo gratuito indicati nell’art. 64, comma primo L.F. compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, salva la possibilità per ogni interessato di proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36 L.F..

avv. Alfredo Riccardi

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