Accade, di sovente, che riesca particolarmente difficile quantificare il compenso dei diversi curatori succedutisi nell’ufficio.
Sul punto cerca di fare chiarezza una recentissima decisione della Suprema Corte di Cassazione (ordinanza n.22272 del 05.09.2019).
I giudici di legittimità precisano che la liquidazione del compenso ai diversi curatori fallimentari che si sono succeduti nell’incarico necessita di specifica ed analitica motivazione, sorretta da valutazione personalizzata, non cumulativa, dell’opera prestata da ciascuno di essi, dei risultati ottenuti e della sollecitudine con cui sono state condotte le operazioni.
In particolare, ai fini dell’applicazione del criterio di proporzionalità previsto dall’art. 39, co. 3°, L.F., deve essere precisato l’ammontare dell’attivo realizzato da ciascun curatore, determinando, all’interno dei valori così identificati, il compenso da attribuire ad ognuno.
Oltretutto va temperato il criterio di cassa della realizzazione dell’attivo con quello di competenza, nei casi in cui il momento solutorio, conseguente alla fase liquidatoria dei beni, ricada temporalmente nella gestione del curatore subentrato, pur essendo causalmente riferibile ad operazioni condotte da quello revocato.