Di seguito si cercherà di fare chiarezza e di porre un po’ di ordine nell’acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale venutosi a creare in seguito alle modifiche dell’art. 2495 c.c. concernente gli effetti susseguenti alla cancellazione dal registro delle imprese delle società di persone e di capitali.
Per quanto concerne gli effetti cosiddetti “sostanziali”, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con le due, ormai note, sentenze “gemelle” (Cass. sez. un. 12 marzo 2013, n. 6070, e 6071, cit.; Trib. Milano 20 maggio 2013, in Soc., 2013, 1029), hanno stabilito che, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
a) i debiti contratti dalla società non si estinguono. Poiché si sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale; ragion per cui il debito si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di finale di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
Sotto il profilo squisitamente “processuale” si è, inoltre, affermato che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione dell’ex liquidatore a rappresentarla (così Cass. civ. 23 marzo 2016, n. 5736).
La giurisprudenza ha, inoltre, esaminato il caso in cui, dopo la cancellazione della società di capitali, un creditore sociale non soddisfatto voglia far valere il proprio credito nei confronti dei soci. L’azione è possibile solo se e nella misura in cui il bilancio finale di liquidazione abbiano riconosciuto a questi ultimi qualche somma. L’accertamento di tali circostanze costituisce presupposto della assunzione, in capo ai soci , della qualità di successori e, correlativamente, della loro legittimazione ad causam ai fini della prosecuzione del processo (in questo senso Cass. civ. 31 gennaio 2017, n. 2444; Cass. civ., 22 giugno 2017, n. 15474). Se i soci nulla hanno percepito, la causa già promossa dal creditore si estingue. Spetterà al creditore fornire la prova dell’avvenuta riscossione delle somme, atteso che la percezione della quota dell’attivo sociale assurge a elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio.
Ed ulteriormente, la Corte ha specificato che l’omessa dichiarazione o notificazione, ad opera del procuratore, dell’evento interruttivo correlato all’estinzione della società intervenuta nella pendenza del giudizio nel quale la società stessa era costituita, comporta che – in applicazione della regola dell’ultrattività del mandato alle liti– il difensore continui a rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore costituito per la società, già munito di procura alle liti valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza l’evento o lo notifichi alle altre parti, o ancora se, in caso di contumacia, questo evento sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, co. 4, c.p.c. (così Cass. 3 ottobre 2014, n. 23141; Cass. 29 luglio 2016, n. 15762; Cass. 17 dicembre 2014, n. 26495. Cass. 9 ottobre 2017, n. 23563).