Parte della giurisprudenza di merito (vedasi Trib. Lecce 14.6.2017; Trib. Lecce 1.8.2016; Trib. Pordenone 19.8.2009) ha ritenuto non meritevole di accoglimento l’eccezione del cliente di apocrifia delle firme apposte in calce al contratto di finanziamento e/o ai moduli allegati (con contestuale richiesta di consulenza tecnica grafologica). Tale eccezione è stata ritenuta inammissibile in quanto palesemente incompatibile con la pregressa condotta tenuta dal cliente nel corso dell’esecuzione del contratto. Ciò si realizza quando il cliente nel corso dell’intero rapporto non abbia mai disconosciuto, né l’avvenuto finanziamento, né i pagamenti effettuati e soprattutto quando, prima dell’avvio delle azioni giudiziali da parte della banca, non abbia mai sconfessato la firma apposta sui documenti che giudizialmente gli vengono prodotti. In altri termini, il disconoscimento della firma è stimato inammissibile, poiché comportamento incompatibile con quello tenuto durante l’esecuzione del contratto di finanziamento. Le decisioni sopra evidenziate hanno valorizzato l’insegnamento dei giudici di legittimità, secondo i quali: “la parte che abbia, anche tacitamente, riconosciuto, prima del giudizio, una scrittura a lei stessa riconducibile, non può successivamente disconoscerla, senza che, ove ciò avvenga (in spregio ad elementari principi di correttezza e buona fede), la controparte sia tenuta a chiederne la verificazione” (così Cass. 10849/2012; Cass. 25047/2009; Cass. 18748/2004).