Di recente, la Suprema Corte è intervenuta ancora una volta per chiarire i criteri cui ricorrere ai fini della individuazione del danno cagionato dall’amministratore nella ipotesi in cui questi, in violazione dell’obbligo sancito dall’art. 2486 c.c., prosegue l’attività pur in presenza di una causa di scioglimento della società.
In particolare, la Corte ha analizzato l’ipotesi in cui viene proposta un’azione ex art. 146 l.fall. nei confronti dell’amministratore, ed individuato i criteri da utilizzare ai fini della liquidazione del danno cagionato da quest’ultimo per aver proseguito l’attività ricorrendo abusivamente al credito pur in presenza di una causa di scioglimento della società; gli ermellini hanno stabilito che, nella fattispecie esaminata, il giudice può avvalersi in via equitativa, nel caso di impossibilità di una ricostruzione analitica dovuta alla incompletezza dei dati contabili ovvero alla notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento, del criterio presuntivo della differenza dei netti patrimoniali, a condizione che tale utilizzo sia congruente con le circostanze del caso concreto e che, quindi, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato ed abbia specificato le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla sua condotta.
Cassazione civile, sez. I, 20 Aprile 2017, n. 9983. Est. Terrusi