Innumerevoli volte ci si è posti l’interrogativo se la società fallita possa essere assoggettata ad espropriazione presso terzi assumendo la qualità di “terzo” debitor debitoris.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’art. 51 L.F. – che sancisce (a seguito dell’intervenuta declaratoria di fallimento) il divieto di promuovere o proseguire azioni individuali o cautelari nei confronti del debitore fallito – non è applicabile perché la società fallita non è la debitrice esecutata (nei confronti della quale varrebbe il divieto di cui all’art. 51 se fosse dichiarata fallita), ma soltanto la terza pignorata (in tal senso vedasi e plurimis Cass. 21/10/2009 n. 22361; Cass. 27.6.2007 n. 14832; Cass. 5.3.2007 n. 5076).
Ragion per cui un fallimento può tranquillamente essere “terzo” nell’ambito di una procedura espropriativa presso terzi ma, successivamente all’ordinanza di assegnazione (ex art. 553 c.p.c.), che determina non solo la chiusura del procedimento di espropriazione di crediti verso terzi (artt. 543 c.p.c., e ss.), ma che costituisce anche titolo giudiziale del trasferimento del credito assegnato al creditore procedente (in termini vedasi Cass. Civ. 26/01/2006, n.1544; Cass. Civ.
n.1611/2000), non può essere pagata la somma pena la sanzione dell’inefficacia di cui all’art. 44 L.F.
avv. Marco Buono