Diritto BancarioUsura: Il direttore di banca non è responsabile se affida a terzi il controllo sul tasso soglia

7 Dicembre 20160

La Suprema Corte di Cassazione Penale, Sezione II, con la recentissima sentenza del 21 novembre 2016, la n.49318, riprendendo un risalente indirizzo giurisprudenziale già formulato negli anni ’80, afferma che il delitto di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto e richiede la cosciente volontà di conseguire vantaggi usurari. Il direttore di banca va, pertanto, indenne da responsabilità penale (per assenza di dolo) qualora abbia incaricato una società esterna di rilevare l’eventuale superamento della soglia e di adeguare trimestralmente i tassi praticati dalla banca.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava l’ipotesi di un G.U.P. che aveva disposto il non luogo a precedere nei confronti del direttore di un’agenzia di banca, imputato per usura, ritenendo che non vi fossero elementi per sostenere l’accusa in giudizio e, in particolare, la sussistenza del dolo per il delitto contestato. Infatti, il direttore nel caso di specie si era avvalso di una società esterna al fine di valutare informaticamente l’eventuale superamento del tasso soglia e di adeguare trimestralmente il tasso di interesse praticato.

La parte civile ricorreva per cassazione avverso la sentenza del G.U.P. ritenendo che l’imputato meritasse di essere rinviato a giudizio, dal momento che la delega del direttore di banca conferita ad un soggetto esterno non solo richiede un preciso obbligo di verifica, da parte del delegante, sulle qualità del delegato, ma comporta, altresì, che a questi siano fornite costanti istruzioni e che se ne controlli l’operato. Pertanto, nel caso di superamento del tasso soglia, tali omissioni sarebbero imputabili al direttore generale; sul piano soggettivo le stesse, a dire del ricorrente, sarebbero compatibili con il dolo di usura, almeno nella forma del dolo eventuale. Infine, secondo il difensore della parte civile, il giudice, nell’emettere la sentenza di non luogo a procedere, avrebbe violato anche l’art. 425 c.p.p., non avendo egli preso in considerazione né i rilievi dei consulenti della stessa parte civile e del p.m. né le osservazioni esposte in memoria difensiva.

La Sez. II della Corte di Cassazione, prima di affrontare la questione avente specificamente ad oggetto il dolo dell’usura, richiama il proprio orientamento interpretativo sull’art. 425 c.p.p. – da ultimo espresso in Cass. pen., sez. VI, 24-2-2016, n. 17385 – e ricorda che la sentenza di non luogo a procedere «è una sentenza di merito su di un aspetto processuale», con cui il G.U.P. valuta non la fondatezza dell’accusa, ma «la capacità degli elementi posti a sostegno della richiesta di cui all’art. 416 c.p.p., […] di dimostrare la sussistenza di una minima probabilità che, all’esito del dibattimento, possa essere affermata la colpevolezza dell’imputato».

Ciò comporta che il giudice incaricato di questa fase antecedente il possibile rinvio a giudizio, debba valutare se, dinnanzi a fonti di prove che possono condurre a soluzioni molteplici e alternative, la celebrazione del giudizio e, in particolare, lo svolgimento dell’attività istruttoria dibattimentale, possa consentire di superare le differenti e contrastanti letture dei dati raccolti. Nel procedere in tale senso, il G.U.P. ancora non svolge, tuttavia, valutazioni di tipo sostanziale che spetteranno al “giudice del giudizio”.

L’arresto in commento, svolta la premessa di cui si è ora detto a proposito della natura “processuale” della sentenza di non luogo a procedere, “fa il punto” in materia di dolo nell’usura.

A tal fine recupera un orientamento di legittimità (risalente nel tempo e antecedente alla riforma del 1996), secondo il quale «il delitto di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire vantaggi usurari». Diversamente – continua la Corte – il dolo eventuale postula una molteplicità di eventi voluti dall’agente in via alternativa o sussidiaria; tale tipologia di dolo non è, però, compatibile con la struttura del delitto punito dall’art. 644 c.p. in cui «vi è l’attingimento dell’unico evento di ottenere la corresponsione o la promessa di interessi o vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile» (in tal senso v. Cass. pen., sez. II, 21.6.1983, n. 1789 e Cass. pen., sez. II, 12-1-1983, n. 6611).

Stando alle doglianze del ricorrente, l’imputato direttore di banca dovrebbe, invece, rispondere del delitto contestatogli a titolo di dolo eventuale oppure per culpa in eligendo o in vigilando rispetto all’operato della società esterna, incaricata di controllare e ridurre automaticamente il tasso praticato. Una simile soluzione non è ammissibile per la Sez. II della Cassazione, poiché, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prima indicato, poiché l’usura richiede sempre, sul piano soggettivo, la sussistenza del dolo diretto.

Accanto a tale profilo che attiene la struttura del delitto punito dall’art. 644 c.p., il Collegio, sul piano del diritto processuale, ricorda anche che è inammissibile il ricorso per cassazione della parte civile contro la sentenza di non luogo a procedere se il ricorrente si limita a contestare il merito dell’apprezzamento del G.U.P. e non indica quali elementi di prova dovranno essere acquisiti al dibattimento, né quali profili del quadro probatorio siano suscettibili di essere integrati nel contraddittorio tra le parti. Tale giudizio di inammissibilità discende dal principio secondo cui deve celebrarsi il dibattimento «solo se dallo svolgimento della relativa istruttoria la prospettiva accusatoria può trovare ragionevole sostegno per fugare la situazione di dubbio, ma non anche in caso di astratta possibilità di una decisione diversa a parità di quadro probatorio» (così Cass. pen., sez. VI, 11-11-2015, n. 48927).

Avv. Edgardo Riccardi

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