La richiamata pronuncia del Tribunale di Benevento, inserendosi nel solco della Sentenza n. 798/2013 della Cassazione civile, conferma il principio secondo cui, in caso di domanda giudiziale, promossa dal correntista per contestare l’illegittimità dell’annotazione di poste passive e/o attive, durante la vigenza del rapporto bancario, risultano ammissibili soltanto le azioni di accertamento dell’effettivo saldo dare-avere e di condanna all’aggiornamento del saldo dare-avere alla data della contestazione.
Il celebre arresto della Corte di legittimità, quale corollario della ancor più famosa Sentenza n. 24418/2010 (cd. sentenza Rordorf), aveva statuito che: “L’annotazione in conto di una posta di interessi (o di commissione massimo scoperto) illegittimamente addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione del credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa, allo scopo eventualmente di recuperare una maggiore disponibilità di credito, nei limiti del fido accordatogli, ma non potrà agire por la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto”. Il Tribunale campano, nel confermare l’ammissibilità della mera azione di accertamento del saldo, arricchisce il panorama giurisprudenziale dichiarando espressamente ammissibile la consequenziale condanna, dell’Istituto di credito, all’adeguamento (facere) del saldo dare-avere così come risultante dall’istruttoria e dalla conseguente pronuncia del Giudice. Resta, a fortiori, esclusa l’ammissibilità (rectius: accoglibilità) di qualsivoglia azione di condanna alla ripetizione dell’indebito.
avv. Edgardo Riccardi