Con sentenza n.806 del 22 gennaio 2016, la Corte di Cassazione esamina l’ipotesi della sottrazione di una scheda bancomat mediante la manomissione del relativo sportello, con conseguente furto della tessera ed ampi prelievi sul conto corrente del cliente, valutando i possibili profili di corresponsabilità della banca per l’accaduto.
Questa sentenza si occupa di una questione in cui potrebbe trovarsi qualunque cittadino che abbia un bancomat nel portafoglio. La fattispecie concreta è la seguente.
Un comune cittadino va allo sportello bancomat della sua banca per effettuare un prelievo e, piuttosto ingenuamente, si fa “aiutare” nell’operazione da uno sconosciuto che staziona nei pressi, e che con la scusa di assisterlo approfitta per prendere nota del codice pin. Il bancomat, apparentemente per un malfunzionamento, non restituisce la carta e non eroga la somma. L’indomani il cliente si reca in banca, avvertendo verbalmente dell’accaduto ed il vicedirettore della filiale, che si trovava presso l’istituto, lo invita a tornare il giorno dopo, ma la carta non viene rinvenuta, e, nel frattempo, ignoti la utilizzano per effettuare consistenti prelievi, per oltre 7.000,00 Euro. A quel punto il cliente truffato sporge denuncia.
Con tutta evidenza, si tratta di una classica “truffa del bancomat”: ignoti avevano applicato allo sportello bancomat un marchingegno (cd. “skimmer”) che tratteneva le tessere, e con la scusa di compiere una buona azione avvicinavano il titolare per carpire il pin.
A questo punto il cliente chiede alla banca di essere risarcito delle somme sottratte, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettano la domanda, rilevando che l’accaduto fosse da considerarsi ascrivibile in via esclusiva alla responsabilità del danneggiato, che aveva commesso l’imprudenza di digitare il PIN sotto gli occhi del truffatore, senza poi tempestivamente attivare il blocco, mediante numero verde così come sollecitato dal funzionario, limitandosi ad allertare il direttore della filiale della mancata restituzione della carta, ma omettendo di far menzione della presenza di un terzo. Oltretutto, secondo la Corte territoriale, l’appellante sarebbe pure responsabile per aver violato la disposizione contrattuale che impone la segretezza del PIN.
Ricorrendo in Cassazione, il danneggiato osserva che le sentenze di merito avevano posto l’accento soltanto sulle sue inadempienze, ma non avevano minimamente valutato le negligenze della banca che, nonostante fosse stata immediatamente avvisata dell’accaduto, non aveva prestato alcuna assistenza al cliente, determinando un evidente aggravio del danno. Inoltre, sebbene lo sportello fosse costantemente videosorvegliato, la banca non aveva vigilato adeguatamente contro la manomissione dello stesso. Per di più, il ladro aveva potuto compiere prelievi per importi superiori al plafond giornaliero contrattualmente previsto, sempre senza alcun intervento della banca.
La Corte di Cassazione accoglie l’impostazione del ricorrente e censura sotto molteplici profili la sentenza di merito, per non aver valutato il comportamento della banca secondo il parametro della diligenza professionale ex art. 1176, secondo comma, cod. civ..
A tale riguardo, la Suprema Corte nota che la Corte territoriale non aveva valutato né la condotta del funzionario che aveva raccolto la denuncia del malfunzionamento del bancomat, senza fare nulla fino al giorno successivo, né la manomissione di uno sportello teoricamente sorvegliato ventiquattr’ore al giorno, alla stregua del parametro della “diligenza specifica” che deve caratterizzare la condotta della banca. Viene richiamato, a riguardo, il precedente della Cass. civ. sent. n. 13777/07, relativa a fattispecie sostanzialmente analoga. Tale sentenza imponeva di valutare, a prescindere dalla condotta del cliente, “la verifica dell’adozione da parte dell’istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni”, in quanto “la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere”.
Insomma, per quanto censurabile possa essere la condotta del cliente, che nella fattispecie è stato molto negligente, anche la condotta della banca va valutata, alla stregua del parametro della “diligenza qualificata” richiesta ad un operatore professionale.
In particolare la Cassazione si sofferma sul contenuto degli obblighi derivanti dall’applicazione dell’art. 1176 c.c., evidenziando la sussistenza di un “dovere di diligenza specifica derivante dal rapporto contrattuale” a fronte della denuncia, pur irrituale, da parte del cliente, e la “peculiarità degli obblighi di custodia dello sportello bancomat”. Certo, ammette la Cassazione, l’art. 1176 c.c. non specifica quale sia la misura della diligenza nelle obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale: è compito del Giudice verificare quanta diligenza debba avere la banca nell’esercizio dell’obbligo di custodia di uno strumento esposto al pubblico avente ad oggetto l’erogazione di denaro, e se risponda al parametro stabilito dalla norma la condotta del funzionario notiziato del fatto, che si limita a rimandare il problema senza verificare se la carta sia ancora nella macchina, e senza assumere, in generale, alcuna iniziativa a tutela del cliente.
La Corte di legittimità valorizza anche la circostanza, del tutto ignorata dalla sentenza di merito, “del prelievo in misura molto superiore al plafond contrattuale da ritenersi un ulteriore profilo di malfunzionamento del sistema da valutare ai fini di un esame complessivo della diligenza professionale posta a carico della banca”.
La sentenza di merito, in definitiva, viene pesantemente censurata per essersi concentrata solo sul lato del cliente, senza valutare in alcun modo la condotta della banca, che pure, a giudizio della Cassazione, pare connotata da evidenti errori ed inefficienze. Se da questo possa derivare una responsabilità, o corresponsabilità, della Banca, lo stabilirà il Giudice del rinvio.
avv. Edgardo Riccardi