Recentemente la Suprema Corte di Cassazione, sez. I, 04 novembre 2015, n. 22560 – Pres. Rordorf – Est. Magda Cristiano, ha precisato che la nullità di una società di capitali, una volta che ne sia avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, può essere pronunciata solo nei casi espressamente previsti dall’art. 2332 c.c., il quale detta un elenco di fattispecie tassative e di stretta interpretazione. L’invalidità del contratto costitutivo non può, pertanto, essere dichiarata per qualsivoglia altra causa di inesistenza, di nullità assoluta o relativa (ivi compresa la simulazione) o di annullabilità contemplata dal codice civile (così anche Cass. n. 12302/92).
Come già ripetutamente affermato dai giudici di legittimità (in termini vedasi Cass. civ. sent. n.30020/011, Cass. civ. sent. n.6100/2003; Cass. civ. sent. n. 3666/97) la simulazione di una società di capitali iscritta nel registro delle imprese non è configurabile in ragione della natura stessa del contratto sociale, che non è solo regolatore degli interessi dei soci ma si atteggia, al contempo, come norma programmatica dell’agire sociale, destinata ad interferire con gli interessi dei terzi che con la società instaurano rapporti e che fanno affidamento sulla sua esistenza. Tipo e scopo sociale, una volta compiute le formalità di legge, sono quelle che emergono dal sistema di pubblicità, con la conseguenza che l’atto di costituzione dell’ente non può più essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti e resta consacrato nei termini in cui risulta iscritto ed è portato a conoscenza dei terzi: le esigenze di tutela di questi ultimi assumono dunque prevalenza e rendono irrilevante la fase negoziale che ha dato luogo alla nascita del nuovo soggetto giuridico, che vive di vita propria, agisce e risponde dei propri atti in via autonoma, quale che sia stata la volontà dei soci sottostante alla formazione del contratto.
Le considerazioni sin qui svolte valgono anche nel caso di successiva trasformazione della società di capitali in società di persone, in quanto la trasformazione della società da un tipo a un altro previsto dalla legge è una mera vicenda modificativa ed evolutiva del medesimo soggetto, che ne comporta la variazione dell’assetto e della struttura organizzativa, ma che non dà luogo all’estinzione della società trasformata, né incide sui rapporti sostanziali e processuali ad essa facenti capo (così Cass. civ. sent. n. 7253/013; Cass. civ. sent. n. 17690/011; Cass. civ. sent. n.26826/06): è dunque evidente che la trasformazione non potrebbe mai costituire causa di sopravvenuta inesistenza o nullità dell’ente societario ormai sorto per effetto dell’iscrizione.
Avv. Daniela Settembre