Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la recente pronuncia n.18131 del 16 settembre 2015, si sono nuovamente espresse in merito alla questione se il curatore possa o meno esercitare la facoltà, che gli è concessa dall’art. 72 L.F., di sciogliersi dal contratto preliminare con cui l’imprenditore poi fallito abbia promesso in vendita un immobile a un terzo, il quale abbia trascritto, ancor prima della dichiarazione di fallimento, la domanda volta all’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto di cui all’art. 2932 c.c. al fine di ottenere dal giudice una pronuncia costitutiva del trasferimento in luogo del contratto inadempiuto.
La questione è rimasta controversa per anni, non trovando epilogo neppure nella scorsa decisione a Sezioni Unite del 7 luglio 2004.
Per lungo tempo, infatti, è andato consolidandosi l’orientamento per cui era riconosciuta al curatore, in accordo con quanto dispone l’art. 72 L.F., la facoltà di provocare lo scioglimento dal contratto preliminare di vendita concluso dal fallito, almeno sino a che non fosse intervenuta l’esecuzione ovvero il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c..
Tale conclusione si fondava sull’assunto per cui la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto, a norma del combinato disposto degli artt. 2932 e 2652, n. 2 c.c., avvenuta in data anteriore alla trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento del promissario venditore, non conseguiva altro effetto, se non quello di rendere opponibile tale domanda giudiziale nei confronti del curatore. Dunque, secondo il pregresso orientamento, benché fosse stata trascritta la domanda di cui all’art. 2932 c.c. anteriormente alla declaratoria di fallimento, il curatore avrebbe pur sempre mantenuto, sino alla passaggio in giudicato della sentenza, ovvero finché non fosse stato stipulato il contratto definitivo, la possibilità di optare per lo scioglimento del rapporto contrattuale con conseguente impedimento all’accoglimento della domanda (così Cass. civ. sent. n.6833/2013; Cass. civ. sent. n.4888/2007; Tribunale di Torino, 07.09.2011; Cass. sez. I, 07.01.2008 n. 33).
In netto contrasto con il precedente indirizzo si sono poste le Sezioni Unite con la sentenza n. 12505 del 7 luglio 2004, ove per la prima volta si è enunciato il principio secondo cui, una volta che la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza di accoglimento, pur se successivamente trascritta, sarebbe opponibile alla massa dei creditori cosicché sia impedita l’apprensione del bene da parte del curatore ed, altresì, esclusa la possibilità a quest’ultimo di avvalersi del potere di scioglimento accordatogli dall’art. 72 L.F. (nello stesso senso Cass. civ. sez. I, 04.12.2013; Cass. sez. I, 23.06.2010 n. 15218; Tribunale di Udine, 13.02.2014; Tribunale di Arezzo03/05/2013 n.454).
Tale argomentazione si fonda principalmente sul rilievo che gli effetti della trascrizione della sentenza, integrante una pronuncia di accoglimento, retroagiscono alla data di trascrizione della domanda, tanto che il diritto acquisito dall’attore per mezzo della trascritta sentenza è opponibile nei riguardi di quei terzi che hanno acquistato nel frattempo, ossia successivamente, un diritto contrario od incompatibile.
Sulla base di tale assunto sono opponibili ai creditori fallimentari, non solo gli atti posti in essere e trascritti dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, ma anche le sentenze pronunciate dopo tale data, se le relative domande sono state in precedenza trascritte.
Sullo sfondo poc’anzi delineato si è posto il recente intervento a Sezione Unite della Suprema Corte, la quale, nel tentativo di superare l’impasse, si è preoccupata di offrire una soluzione che fosse altresì preordinata al bilanciamento degli interessi ovvero al principio che la durata del processo non possa compromettere la realizzazione di quella piena tutela di cui la parte ha diritto di godere secondo il diritto sostanziale.
Al riguardo la Cassazione ha precisato che, pur mantenendo il curatore la titolarità del potere di scioglimento dal contratto in ipotesi di domanda di esecuzione in forma specifica proposta anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore, l’esercizio del diritto di scioglimento da parte del curatore non è opponibile nei confronti dell’attore promissario acquirente a norma dell’art. 2652, n. 2, c.c..
In altre parole, non è impedito al curatore di recedere dal contratto preliminare, piuttosto è impedito l’esplicarsi degli effetti verso il promissario acquirente se la sentenza di accoglimento della domanda sia stata trascritta, in ragione di quell’effetto c.d. prenotativo connaturato al meccanismo pubblicitario.
avv. Alfredo Riccardi