Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 23 gennaio 2013 pronunciata all’esito di un giudizio cautelare ex art. 700 c.p.c., esamina un interessante ricorso proposto da un amministratore, validamente nominato dall’assemblea totalitaria dei soci, il quale, pur non avendo mai accettato la carica di amministratore, agiva giudizialmente per far dichiarare nulla, ovvero annullabile, la relativa delibera di nomina chiedendo altresì la cancellazione del proprio nominativo dal registro delle imprese. La domanda cautelare veniva respinta dal Tribunale meneghino per mancanza del fumus boni iuris; in sostanza il Tribunale milanese afferma che il codice civile prevede, in merito alle patologie delle delibere assembleari nelle società a responsabilità limitata, due specie di invalidità: la nullità e l’annullabilità. A tal proposito precisa che sono nulle, ai sensi dell’articolo 2479 ter comma 3 cod. civ. le delibere aventi oggetto illecito o impossibile o quelle adottate in assenza assoluta di informazione; sono invece annullabili le delibere adottate in violazione della legge o dell’atto costitutivo, ovvero, quelle adottate con la partecipazione determinante di soci che hanno un interesse in conflitto con la società, qualora possano recare danno alla stessa. Sulla base di tali premesse e sulla base di ciò che emergeva dagli atti, il Tribunale ritiene che la delibera impugnata non presenti alcun profilo di invalidità, né sotto l’aspetto dell’oggetto o della regolare partecipazione dei soci, né con riferimento ad altre violazioni di legge o dell’atto costitutivo. L’unica cosa di cui sembra difettare la delibera è l’accettazione dell’incarico da parte del soggetto designato; ma la validità della delibera non viene scalfita dalla mancata accettazione dell’incarico da parte del ricorrente amministratore. L’accettazione, infatti, è un atto negoziale distinto dalla nomina ma necessario per perfezionare l’efficacia della stessa. E’ solo con l’accettazione, infatti, che la volontà del soggetto nominato si incontra con la volontà manifestata dall’assemblea dei soci. Come ribadito anche dalla giurisprudenza “la fonte dei poteri degli amministratori ha natura contrattuale, non potendosi ipotizzare che dalla sola nomina possano discendere doveri per un terzo” (cfr. Cass. Sez. 1, sent. 6928 del 2001). Nel caso di specie il ricorrente evidenziava di non aver mai manifestato la volontà di accettare l’incarico ricevuto, né tale circostanza risultava contestata da controparte, pertanto la delibera assembleare, pur perfettamente valida, non era mai divenuta efficace. Precisa il tribunale, pertanto, che non si verteva in un caso di invalidità della delibera di nomina dell’amministratore, bensì in un’ipotesi di inefficacia dell’atto negoziale di conferimento dell’incarico. Pertanto, la validità della delibera impugnata determinava l’assenza del presupposto del fumus boni iuris che finiva per assorbire anche l’esame del periculum in mora con conseguente rigetto dell’istanza cautelare. Da ultimo il tribunale milanese sottolinea che, sotto il profilo pubblicitario, il ricorrente avrebbe potuto eventualmente agire, ex art. 2191 cod. civ., dinanzi al giudice del registro per ottenere la cancellazione d’ufficio della carica, nel caso di ingiustificato rifiuto alla cancellazione da parte del Conservatore.
avv. Angelo di Gaeta