L’introduzione dell’art. 186 bis L.F., per effetto dell’approvazione della Legge n. 134/2012 di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83”, ha introdotto nel nostro sistema giuridico una nuova forma di concordato preventivo in continuità (cosiddetta “indiretta”) che si realizza, secondo il disposto della norma, per mezzo della cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in una o più società, ma anche per mezzo del solo affitto d’azienda così come chiarito dalla giurisprudenza di merito che fino ad ora si è occupata del problema: Tr/Firenze, Sez. III, 19/03/2013; Tr/Terni 20/02/2013; Tr/Bolzano 27/02/2013; Tr/Terni 02/04/2013.
Oltretutto l’art. 186 bis L.F. ha fissato, per il concordato in continuità sia “diretto che indiretto”, oltre alle prescrizioni di cui al comma 2° lett. a) e b), anche una moratoria (sino ad un anno dall’omologazione) per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia previsto un termine differente per la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.
Orbene, stante la cogenza delle suddette prescrizioni, ci si è interrogati su quale fosse la disciplina applicabile allorquando una domanda di concordato preventivo presenti i tratti caratteristici sia del concordato liquidatorio che di quello in continuità.
Sul punto è intervenuto un recentissimo decreto del Tribunale di Mantova del 19/09/2013 che ha risolto la problematica chiarendo che, in ipotesi di concordato misto, in parte liquidatorio ed in parte con continuità aziendale, per individuare le norme da applicare nel caso concreto si dovrà verificare se le operazioni di dismissione previste (ovvero liquidatorie), ulteriori rispetto all’eventuale cessione dell’azienda in esercizio, siano o meno prevalenti, in termini quantitativi e qualitativi, rispetto al valore azienda che permane in esercizio.
avv. Alfredo Riccardi