- Introduzione
I patti parasociali sono convenzioni che rimangono fuori dall’atto costitutivo, stipulate tra i soci, all’atto della formale costituzione del vincolo associativo o anche nel corso della vita della società, per regolare, tra loro (o tra alcuni di loro), uno o più profili concernenti gli aspetti salienti dei propri diritti e doveri all’interno della società .
Di regola formulati in maniera minuziosa, hanno l’aspetto di veri e propri contratti nei quali vengono stabiliti diritti e doveri degli aderenti al patto, oltre alle sanzioni per l’inosservanza di quanto prescritto.
Attraverso il patto parasociale, gli aderenti si propongono dunque di dare un indirizzo all’organizzazione e alla gestione delle società, per assicurare la stabilità degli assetti proprietari e l’incidenza sulla contendibilità del controllo societario, in modo più agile e flessibile rispetto al modello legale.
Conosciuti da lungo tempo nella prassi, la loro validità, prima contestata, è stata ormai riconosciuta dalla giurisprudenza e dal legislatore.
La giurisprudenza, infatti, dopo un primo sfavore è giunta progressivamente ad ammettere la validità di tali accordi.
Nel frattempo il Legislatore ne sanciva positivamente la legittimità con il Dlgs. 58/1998 TUF (artt. 122 e ss.), che detta la disciplina specifica dei patti parasociali per le società “aperte” quotate e gli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c. che disciplinano i patti parasociali per le società azionarie in generale.
La forma del patto parasociale è assolutamente libera, per cui la forma scritta, la scrittura privata autenticata o l’atto pubblico, sono richiesti solo se l’accordo si sostanzia in un negozio che la richieda ad substantiam, o per adempiere agli obblighi di comunicazione e pubblicità previsti dalla legge.
Quando si utilizzi la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico, la legge notarile obbliga il notaio a non ricevere atti contra legem o contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
L’esistenza dei patti parasociali può essere provata, anche ai fine dell’esercizio di azioni negoziali, con qualsiasi mezzo, salvo il limite di valore previsto dall’art. 2721 c.c.. Recente giurisprudenza ha considerato ammissibile, anche con riferimento alle società quotate, la prova di patti non scritti sulla base di circostanze presuntive gravi, univoche e concordanti.
Contrariamente a quanto avviene per lo statuto sociale, che ha come noto efficacia reale, e come tale vincolante tutti i soci, attuali e futuri, i patti parasociali hanno un’efficacia meramente obbligatoria, per cui vincolano solo i soci contraenti e non sono opponibili agli eventuali altri soci non aderenti, alla società ed ai terzi in genere (principio c.d. di relatività sancito dall’art.1372 cc).
Ne discende che la violazione dei patti parasociali (di voto) non può viziare la deliberazione assembleare assunta anche in conseguenza. E la cessione di azioni o quote societarie in violazione di un sindacato di blocco, è perfettamente valida ed efficace nei confronti del terzo acquirente e della società stessa .
- Le tipologie di patti parasociali
Il legislatore ha considerato solo i patti parasociali più diffusi e rilevanti (sindacati di voto, di blocco e di concertazione), senza esaurire tutte le tipologie presenti nella prassi.
Volendo procedere ad una rapida analisi dei vari patti parasociali, dunque, analizziamo per primi proprio quelli oggetto della previsione legislativa.
SINDACATI DI VOTO
E’ la tipologia più diffusa nella prassi.
Hanno ad oggetto la regolamentazione dell’esercizio del diritto di voto in sede assembleare, potendo prevedere, secondo i casi il mero obbligo dì consultazione tra gli aderenti prima dell’espressione del voto, oppure un vincolo per gli stessi a votare in maniera conforme a ciò che, in separata sede, è stato deciso in sede di sindacato (cioè, di regola, dalla maggioranza degli aderenti al patto).
Spesso rappresentano lo strumento con cui viene esercitata un’influenza dominante nell’assemblea da parte di quei soci che, da soli, non avrebbero il “peso” sufficiente per farlo.
Le modalità secondo cui esprimere il proprio voto in assemblea possono essere decise all’unanimità o a maggioranza dei soci sindacati.
La giurisprudenza, in passato, ha contestato la validità dei sindacati di voto con decisione a maggioranza (cioè in cui le modalità di voto in assemblea possono essere decise a maggioranza piuttosto che all’unanimità dei soci sindacati) sostenendo che questo tipo di accordi espropriava in realtà l’assemblea delle proprie competenze funzionali (quella che in assemblea risulta essere formalmente la maggioranza dei soci in realtà è solo la maggioranza dei soci sindacati).
La dottrina e la più recente giurisprudenza li ritengono invece validi, purché non siano violate norme imperative o inderogabili, giacché al socio non è precluso di predeterminare prima e fuori dall’assemblea, il modo in cui voterà, e rimane, d’altra parte, sempre l’assemblea che assume le delibere, con le maggioranze previste per legge.
SINDACATI DI BLOCCO
I sindacati di blocco sono quegli accordi che pongono limitazioni alla circolazione delle azioni per mantenere omogenea e stabile nel tempo la composizione della compagine sociale. La loro legittimità è stata riconosciuta nel nostro ordinamento anche dalla giurisprudenza ante riforma, a condizione che l’accordo non si ponga in contrasto con il principio generale per cui le imitazioni poste contrattualmente alla alienazione devono essere contenute entro convenienti limiti temporali e rispondere ad un apprezzabile interesse delle parti (ex art. 1379 cc).
SINDACATI DI CONCERTO
Per sindacato di concerto si intende il patto che ha per oggetto o per effetto l’esercizio (anche congiunto) di un’influenza dominante all’interno della società, che non è necessariamente esplicata (o non è solo esplicata) attraverso accordi di voto: rientrano in questa categoria tutte le ipotesi di accordo con cui si determinano obiettivi, programmi o risultati verso cui deve essere indirizzata la società.
Poiché questi patti possono rappresentare una forma di elusione dei criteri legali di ripartizione delle competenze degli organi sociali, espropriando, a favore dei soci sindacati, gli amministratori dei poteri gestori che la legge vuole al loro riservati, la loro validità andrà esaminata caso per caso .
GLI ALTRI PATTI PARASOCIALI NON CODIFICATI
Oltre ai sindacati di voto, di blocco e di concerto, nominati espressamente dal legislatore della riforma, la pratica degli affari conosce altre tipologie di patti. Senza pretesa di completezza si possono citare gli accordi stetti per finalità di tipo finanziario, o quelli di c.d. look up, tra offerenti, sponsor e coordinatori di consorzi di collocamento nell’ambito delle procedure di quotazione di azioni sul mercato regolamentato, o, ancora, i patti di acquisto, che impongono l’acquisto di azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono facoltà di acquisto e sottoscrizione di azioni, siano esse della società di riferimento o di altre, per consolidare il potere di controllo del sindacato stesso.
3 La disciplina dei patti parasociali nelle società quotate
Il primo significativo riconoscimento della dignità giuridica dei patti parasociali da parte del Legislatore si è avuto con il DLgs. n. 58 del 1998 (c.d.Testo Unico della Finanza), relativamente alle società quotate (artt. 122 e 123 TUF), con il fondamentale intento di garantire trasparenza ed adeguata pubblicità, onde consentire agli investitori il necessario grado di informazione sul governo societario per orientare le proprie scelte.
A questi fini la legge impone precisi obblighi di pubblicazione dei patti stessi (preventiva comunicazione alla CONSOB; pubblicazione per estratto sulla stampa quotidiana; deposito del testo di cui ai patti presso il competente Registro delle Imprese).
Qualora gli adempimenti pubblicitari non vengano puntualmente osservati è prevista la sanzione della nullità dei patti.
Non sono inoltre esercitabili i diritti di voto relativi ai titoli azionari per i quali non sono stati adempiuti i sopra citati obblighi di trasparenza (art. 122, comma 4)
La durata dei patti a tempo determinato non può essere superiore a tre anni, anche qualora gli aderenti abbiano previsto una durata superiore. Il patto è comunque sempre rinnovabile alla scadenza.
Qualora il patto sia contratto a tempo indeterminato, invece, salva la validità del medesimo, gli aderenti possono sempre recedere con un preavviso di almeno sei mesi.
4 La disciplina dei patti parasociali nelle società non quotate
La disciplina dei patti parasociali nelle società non quotate è stata introdotta dal Legislatore della riforma societaria interpolando nel testo del codice civile sotto i due nuovi articoli 2341 bis e 2341 ter.
Le norme hanno ad oggetto i patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (c.d. sindacati di voto); b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di quelle delle loro controllanti (c.d. sindacati di blocco); c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio, anche congiunto, di un’influenza dominante su tali società (c.d sindacati di concertazione o di concerto). Per essi è stabilita una durata massima di cinque anni; laddove stipulati per un termine maggiore, i patti si intendono stipulati per cinque anni ma sono rinnovabili alla scadenza (si rammenta che per le società quotate il termine dì durata massimo previsto è di anni tre) (art. 2341-6/s c.c.).
Così come previsto anche dal TUF, sono considerati validi i patti che non prevedono un termine di durata, fermo restando, in tal caso, il diritto di recesso con preavviso di sei mesi di ciascun contraente.
L’art. 2341-ter cc., regola poi il sistema di pubblicità dei patti per le società che fanno ricorso ai mercato del capitale di rischio: i patti dovranno essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. In caso di mancanza della dichiarazione, come per le società quotate, i possessori delle azioni sindacate non possono esercitare il diritto di voto e la delibera assunta con il loro voto determinante sarà impugnabile a norma dell’ art. 2377 c.c..
L’informazione obbligatoria ha per oggetto, come per le società quotate, il contenuto dei patti parasociali e si propone l’intento di tutelare interessi generali: la norma non trova infatti applicazione per le c.d. chiuse, che soffrono in maniera minore dei rischio della eventuale instabilità della governance societaria, rimanendo riservata alle sole società per azioni che ricorrono al mercato del capitale di rischio.
5- L’inadempimento dei patti parasociali
Si è già detto che gli effetti della violazione o dell’inadempimento dei patti parasociali non possono che essere di natura risarcitoria.
Sussiste tuttavia tutt’ora contrasto in dottrina e giurisprudenza sulla possibilità di richiedere tutela giurisdizionale, anche in via d’urgenza, al fine di ottenere l’adempimento forzato del patto parasociale.
C’è infatti chi nega questa possibilità, sulla scorta dell’assunto per cui il socio deve rimanere libero di potersi determinare in assemblea come meglio crede (salvo, si capisce, risarcire il danno per il suo inadempimento), per cui l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.) sarebbe da escludere, essendo d’altronde parimenti precluso all’autorità giudiziaria emanare ordini aventi ad oggetto un obbligo di facere infungibile.
avv. Angelo di Gaeta